Informazioni su Giulia

Le ricette pubblicate su questo blog non contengono nè carne, nè pesce nè derivati alimali. Utilizzo il più possibile ingredienti freschi, di stagione e biologici rispettando l’etica e la salute ma non trascurando mai il piacere del gusto e dell’occhio che, si sa, vuole la sua parte.

Fagottini ripieni di carote al timo su crema di piselli all’erba cipollina

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Da un po’ di tempo avevo in casa delle cialde di riso con cui avevo realizzato degli involtini in occasione di una puntata speciale della trasmissione online Socialveg. Per la verità le cialde sarebbero concepite per i tipici involtini primavera della cucina cinese ma, provando a cuocerli al forno anziché friggerli, IMG_6779non mi avevano soddisfatta completamente dal punto di vista della consistenza. Buoni ma non croccanti e friabili come dovrebbero essere… Allora ho pensato che cambiare la forma (oltre che il contenuto) poteva essere una buona idea per una resa migliore e più originale. In questo modo il ripieno del fagottino rimane piacevolmente morbido mentre la parte superiore è croccantissima! Visto che siamo in piena primavera e le mie piante aromatiche in vaso sono rigogliose, ho utilizzato l’erba cipollina e il timo fresco ma potete variare le erbe e gli aromi a piacere in base ai gusti e alla disponibilità. Volendo potete realizzare anche una versione speziata ad esempio con un ripieno al cumino e una salsa alla curcuma… insomma io vi dò l’idea, voi sbizzarritevi pure con la fantasia!
PS: le cialde di riso si trovano solitamente nel reparto etnico dei supermercati piuttosto grandi e ben forniti, altrimenti nei negozi di alimenti etnici.BIMG_6784

Ingredienti per 8 fagottini
8 cialde di riso
300 g carote pesate pulite
2 scalogni
300 g piselli freschi o surgelati
1 mazzetto di erba cipollina (sostituibile con prezzemolo o basilico)
1 mazzettino di timo fresco (sostituibile con origano, maggiorana, salvia…)
olio EVO, sale

– Portate a bollore un po’ d’acqua in un pentolino, salatela e tuffatevi i piselli facendoli bollire senza coperchio fin quando saranno morbidi. Nel frattempo tritate gli scalogni e stufateli in padella con un paio di cucchiai d’olio evo e un pizzico di sale. Quando saranno diventati lucidi unite le carote grattugiate, coprite e lasciate stufare senza aggiungere acqua per pochi minuti, giusto il tempo che si ammorbidiscano. A fine cottura aggiungete le foglioline di timo.
– Quando i piselli saranno cotti frullateli insieme ad un paio di cucchiai d’olio, l’erba cipollina e un po’ della loro acqua di cottura fino ad ottenere una salsa non troppo densa e molto omogenea (consiglio di usare il minipimer a immersione). Tenete in caldo.
– Reidratate le cialde di riso lasciandole per pochi minuti tra due canovacci da cucina puliti, bagnati e strizzati. Io di solito prendo un canovaccio bagnato e strizzato e lo poggio sul tavolo, posiziono sopra due cialde l’una accanto all’altra e ripiego il canovaccio sopra le cialde, poi ne posiziono un’altra da un lato e lo ripiego ancora. In questo modo, piegato in quattro, ogni canovaccio ne può contenere tre. E’ anche possibile bagnare le cialde molto brevemente in una ciotola con acqua ma bisogna stare attentissimi perché non devono essere troppo molli altrimenti si romperanno. Posizionate ogni cialda reidratata su un piatto, mettete al centro una cucchiaiata abbondante di ripieno di carote e chiudete a fagotto stringendo bene il “collo” con le dita eventualmente inumidite per evitare che in forno il fagottino di apra. Disponete i fagottini su una teglia ricoperta di carta forno e infornateli a 200 gradi per 5 minuti. Attenzione perché la parte superiore si colorisce quasi subito, deve colorirsi leggermente e diventare bella croccante ma non bruciata!
– Gustate i fagottini accompagnati dalla salsa ai piselli. Io li ho serviti come antipasto mettendo su ogni piatto un paio di cucchiaiate di salsa e sopra due fagottini a testa, decorando con foglioline di erbe aromatiche e fiori di erba cipollina 🙂

Baci di dama

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Ebbene sì, ancora un’altra ricetta dolce, chi non ama i dolci (sembra strano ma esistono persone che non li amano) mi perdonerà, ma questi non potevo non pubblicarli subito.
Nascono da una richiesta del mio compagno che amava quelli tradizionali e in questi ne ha ritrovato tutto il gusto e la golosità senza appesantire la pancia e impastare la bocca con il terribile burro vaccino… 😉
Ieri sera, dopo 3 piatti di zuppa di lenticchie (ricetta qui) e un’insalata accompagnata da grissini integrali, ce ne siamo pappati 5 a testa e ci sentivamo sazi e appagati ma per nulla appesantiti 🙂 Miracoli della buona cucina vegan!

Ingredienti per una ventina di biscotti  baci dama
160 g farina 2 (semintegrale)
70 g mandorle pelate o nocciole tostate
100 g zucchero integrale di tipo Dulcita
50 g olio di mais
70 acqua
4 g lievito naturale per dolci
1 punta di cucchiaino di vaniglia naturale in polvere
70/80 g cioccolato fondente

Tritate le mandorle o le nocciole a farina con un piccolo mixer oppure con un macinacaffé o macinaspezie (sconsiglio di usare la farina di mandorle che si acquista già pronta perchè a mio avviso sa di poco e non è mai fresca), quindi mescolatele in una ciotola insieme alla farina 2, lo zucchero, il lievito e la vaniglia. Versate l’olio e impastate con le mani fino ad avere un composto sabbioso, poi versate l’acqua e impastate ancora per ottenere una pasta molto morbida e appiccicosa. Con un po’ di pazienza ricavate delle palline ben sferiche e tutte uguali del peso di circa 10/11 grammi (in questo caso è particolarmente importante pesarle in modo che siano tutte uguali altrimenti quando poi andrete a sovrapporle l’effetto visivo non sarà molto bello…) e posizionatele su una teglia ricoperta di carta forno. CAM01825Infornatele a 175 gradi per 15 minuti circa. I biscottini saranno cotti quando, sollevandoli, il fondo sì sarà ben colorito ma sopra non devono colorirsi né indurirsi troppo. Toccateli con un dito e verificate che sopra siano rimasti ancora leggermente morbidini, si induriranno raffreddandosi. Alla fine otterrete delle mezze sfere simili ad amaretti che lascerete raffreddare e indurire completamente.
Sciogliete il cioccolato a bagno maria e poi fatelo intiepidire fin quando sarà un po’ cremoso e non troppo liquido. Bagnate nel cioccolato un biscottino dal lato piatto (abbondate e non siate parsimoniosi! 😉 ) e poi congiungete un altro biscottino sempre dal lato piatto in modo da formare il bacio, poggiandolo subito in verticale su un piatto o vassoio. Continuate fino ad esaurire tutti i biscottini e lasciateli riposare a temperatura ambiente per far indurire il cioccolato. Conservateli in un contenitore ben chiuso, ma considerando quanto sono golosi e leggeri non dureranno a lungo 😉

Torta a doppio strato con pan di spagna al cacao, bagna all’arancia e panna di cocco

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Era da un po’ che avevo voglia di una torta con la “T” maiuscola e approfittare delle ultime buonissime arance tarocco siciliane… Visto che in casa siamo in due, però, evito di fare dolci troppo grandi perché so che poi non riesco a trattenermi e rischio di esagerare… allora preferisco fare le monoporzioni che, tra l’altro, trovo più eleganti della classica “tortona” formato famiglia ;-). In alternativa, comunque, al posto dei due coppapasta individuali potete utilizzarne uno più grande (meglio se rettangolare o quadrato) per ottenere una torta piccola da 4 porzioni circa.IMG_6754

Ingredienti per 2 tortine monoporzione (piuttosto abbondanti)
100 g farina 2 (semintegrale)
1 lattina di latte di cocco da 400 g (io uso la marca Aroy-D che trovo nei negozi etnici a Milano, unici ingredienti cocco al 60% e acqua)
30 g olio di mais
80 g zucchero di canna integrale di tipo Dulcita
10 g cacao amaro in polvere (+ q.b. per decorare)
6 g lievito naturale per dolci

2 arance tarocco medio/piccole mature e dolci
2 cucchiai abbondanti di sciroppo d’agave
vaniglia naturale in polvere

Mettete la lattina in frigo per alcuni giorni. Come per la ricetta del gelato al cocco, l’azione del freddo farà separare la parte più grassa dalla parte liquida e, senza capovolgere o agitare la lattina, quando la aprirete troverete la parte “pannosa” e densa in superficie e quella liquida e trasparente sul fondo (più la fate stare in frigo, anche una settimana o un mese, più densa e abbondante sarà la panna!). Raccogliete la prima pesandone circa 250 g in una ciotola, aggiungete lo sciroppo d’agave e circa mezzo cucchiaino da caffè di vaniglia (assaggiate per regolare il grado di dolcezza a piacere), mescolate bene e mette in frigo per alcune ore a rassodare ulteriormente. Se la volete più spumosa potete montarla con la planetaria o il frullino elettrico.
IMG_6749Per il pan di spagna mescolate 100 g di acqua di cocco (la parte liquida rimasta sul fondo della lattina) con l’olio di mais. A parte amalgamate la farina con lo zucchero, il lievito e la scorza di un’arancia grattugiata e versate sopra l’emulsione di acqua di cocco e olio mescolando con una frusta fino a formare un composto cremoso. Versatelo quindi su una teglia ricoperta di carta forno in modo che formi uno strato molto sottile (circa un cm) livellandolo il più possibile con una spatola.
Infornate a 180 gradi per 15/20 minuti circa, quindi sfornate e lasciate raffreddare completamente. A questo punto prendete due coppapasta e ritagliate dal pan di spagna 4 formine uguali (i ritagli di scarto avanzati saranno perfetti per la colazione o la merenda). Usando uno zester o rigalimoni ricavate dall’altra arancia delle striscioline sottili di scorza e conservatele in frigo, serviranno per la guarnizione finale. Spremete il succo delle due arance.
Ponete i due coppapasta su due piattini da dessert e sul fondo di entrambi posizionate un quadrato di pan di spagna bagnandolo con un bel po’ di succo d’arancia, quindi spalmate un generoso strato di panna di cocco e disponete sopra l’altro quadrato di pan di spagna, bagnandolo a sua volta con altro succo d’arancia. Riponete il tutto in frigo per qualche ora insieme alla panna di cocco rimasta che servirà per la rifinitura del dolce.
Trascorso il tempo previsto rimuovete i coppapasta e, servendovi di una piccola sac à poche ricoprite la superficie con la panna di cocco rimasta. Spolverizzate con un po’ di cacao e decorate con le striscioline di scorza d’arancia ricavate con lo zester precedentemente condite con poco sciroppo d’agave.

Polpettine di fagioli neri e miglio con maionese di tofu alla curcuma

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Si è svolta lo scorso week end la tredicesima edizione della fiera “Fà la cosa giusta” (vedi in proposito questo post) dove, quest’anno per la prima volta, c’era una vera e propria area vegan con tanto di spazio per presentazioni, conferenze e cooking show. Tra i vari eventi, tutti interessanti, organizzati dalla rivista Funny Vegan, ce n’è stato uno in particolare a cui ho avuto il piacere di partecipare insieme ad alcune amiche food blogger che stimo molto. In pratica una “staffetta” di cooking show di 6 blogger che si sono succeduti “a raffica” nell’arco di un’ ora e mezza circa. Coordinate dalla brava Sonia Giuliodori, direttrice della rivista, che ci ha presentato e introdotto, abbiamo proposto ciascuno la propria ricetta con relativi assaggi… il risultato è stato un bel successo di pubblico e un’esperienza più che positiva per noi, da ripetere sicuramente!
8Questa è la ricetta che ho presentato, realizzata con alcuni dei buoni prodotti della nuova linea biologica di Pam Panorama. Potete sfogliare qui il catalogo, suddiviso per categorie. Le polpette possono essere servite come secondo piatto o piatto unico, IMG_6706accompagnandole con una fresca insalata, oppure si possono realizzare degli sfiziosi finger food, come ho fatto io per gli assaggi che ho offerto al cooking show: basta tagliare una piadina in triangolini (ottima quella di kamut di Pam Panorama), scaldarli leggermente in padella, spalmarli con una generosa dose di maionese di tofu, adagiare sopra una polpettina tiepida e una fogliolina di insalata, tirare su la punta del triangolo e fermare con uno stecchino.

Ingredienti per una trentina di polpette:
200 g fagioli neri secchi (io ho usato quelli bio di Pam Panorama)
1 pezzettino di alga kombu
1 foglia di alloro
100 g miglio  (io ho usato quello bio di Pam Panorama)
100 g carota pesata già pulita
1 scalogno grande o due piccoli
40/50 g pomodori secchi sott’olio
farina di riso (opzionale, da usare solo se l’impasto dovesse essere troppo molle)
olio evo, sale alle erbe, salvia secca (o altre erbe aromatiche a piacere)
Per la maionese di tofu:
360 g tofu al naturale (io ho usato una confezione di quello bio di Pam Panorama)
2 cucchiai di olio evo (io ho usato quello bio di Pam Panorama)
2 cucchiai di tamari (salsa di soia saporita)
2 cucchiai di succo di limone
2 cucchiaini di senape delicata
1 cucchiaino di curcuma (anche di più se piace)

– Mettete a bagno i fagioli con l’alga kombu per circa 20/24 ore, cambiando l’acqua un paio di volte. Quindi scolateli, sciacquateli e cuoceteli per circa un’ora in acqua senza sale con lo stesso pezzetto di alga e la foglia di alloro. Quando sono cotti scolateli bene, rimuovete l’alloro e l’alga e lasciateli sgocciolare per almeno mezz’ora (devono essere molto asciutti), quindi frullateli con un minipimer a immersione in modo da ottenere una purea densa (potete prepararli anche il giorno prima conservandoli in frigo).
– Sciacquate bene il miglio sotto l’acqua corrente in un colino a maglie strette, quindi sgocciolatelo e fatelo tostare per circa un minuto in un pentolino con un cucchiaio d’olio. Poi versate 300 ml di brodo vegetale, coprite e lasciate sobbollire a fuoco molto lento senza mescolare. Dopo 20 minuti circa dovrebbe essere cotto e il brodo asciugato.
– Tritate lo scalogno e fatelo appassire in padella con un paio di cucchiai d’olio e un pizzico di sale, quindi unite la carota grattugiata, coprite e lasciate che si ammorbidisca per pochi minuti, poi aggiungete i pomodori secchi ben strizzati e tagliati a pezzettini piccoli. Fate insaporire ancora un minuto e spegnete il fuoco (il composto deve essere bello asciutto).
– Riunite insieme in una ciotola la purea di fagioli, il miglio cotto, le carote stufate con i pomodori secchi e le la salvia amalgamando bene. Assaggiate e regolate di sale (consiglio vivamente quello alle erbe). Provate a comporre una polpetta con le mani e se l’impasto dovesse essere troppo molle aggiungete eventualmente un po’ di farina di riso (dai 20 ai 50 g), ma considerate che deve restare morbido per evitare che si asciughi troppo in forno. Formate delle piccole polpette leggermente schiacciate (da 25 g circa l’una), eventualmente infarinandovi le mani tra l’una e l’altra. Disponetele su una teglia ricoperta di carta forno e unta d’olio. Spennellate le polpette d’olio anche sopra e infornatele a 200 gradi per 15 minuti circa rigirandole a metà cottura.
– Per la maionese: sbriciolate il tofu grossolanamente nel boccale del minipimer, unite gli altri ingredienti e frullate, aggiungendo un goccio d’acqua o latte di soia al naturale per ottenere una consistenza più morbida. Assaggiate ed eventualmente regolate di tamari, limone e curcuma in base ai gusti.
Servite le polpette con la maionese e una fresca insalata verde (buono il “Gran Mix” bio di Pam Panorama).

Tartellette integrali ai semi di lino con crema pasticcera di carote alla vaniglia e kiwi

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Come ho già scritto in post precedenti (vedi ad esempio questo) i corsi che sto frequentando alla Joia Academy, la scuola di cucina gourmet del ristorante vegetariano Joia di Milano, mi stanno dando tantissimi spunti e idee, oltre che preziosi insegnamenti tecnici.
Una delle ricette apprese durante la lezione sui dolci era una fantastica millefoglie integrale con crema pasticcera di carote. Sì avete letto bene, non “alle carote” ma proprio “di carote” ovvero gli unici ingredienti sono carote, scorza di limone, vaniglia, zucchero o altro dolcificante a piacere (io ho optato per lo sciroppo d’agave) e un goccino d’olio. Detto così magari può sembrare anche poco invitante ma credetemi, se non l’avete mai provata non potete capire quanto sia golosa! E incredibilmente simile per gusto, profumo e consistenza alla crema pasticcera tradizionale… anch’io, prima di assaggiarla non l’avrei mai creduto. Tra l’altro è leggerissima, l’avrei mangiata tutta a cucchiaiate!
Ho però cambiato la ricetta originale trasformando la millefoglie in tartellette di brisè croccanti e solo leggermente dolci, farcite con la sublime crema di carote e guarnite con spicchi di kiwi che fanno da contrasto dando un tocco di acidità.

Ingredienti per una decina di tartellette:
Per la brisé: 
130 g farina integrale
30 g semi di linoIMG_6728
40 g olio evo dal sapore delicato
70 g acqua
20 g zucchero di canna integrale di tipo Dulcita
1 pizzico di sale
Per la crema:
500 g carote pesate già pulite
2 cucchiai olio evo dal sapore delicato
1 bel pezzo di scorza di limone bio
1 cucchiaino da caffè di vaniglia naturale in polvere
50 g sciroppo d’agave
1 pizzico di sale
un paio di kiwi maturi ma sodi

Preparate la brisè mescolando insieme in una ciotola la farina, i semi, lo zucchero e il sale. Poi unite l’olio e iniziate ad impastare con le mani fino ad ottenere un composto “sbricioloso”. Versate quindi l’acqua a poco a poco fino ad ottenere una pasta morbida che avvolgerete nella pellicola e lascerete riposare per 20/30 minuti in frigo.
Nel frattempo grattugiate le carote e ponetele in una padella con i due cucchiai d’olio e il pizzico di sale (servirà a far uscire i liquidi), mescolate per circa un minuto a fuoco vivace, poi abbassate il fuoco al minimo, coprite con coperchio e lasciate stufare piano piano controllando ogni tanto che non si asciughi troppo ed aggiungendo poco per volta un goccio d’acqua (ma proprio un goccio alla volta, le carote non devono bollire ma stufare lentamente, solo così diventeranno dolci al punto giusto). Dopo circa 20 minuti aggiungete la scorza di limone intera e la vaniglia, coprite nuovamente e lasciate cuocere ancora per una decina di minuti, alla fine dovrete ottenere un composto asciutto. Togliete la scorza di limone e mettetelo nel bicchiere del minipimer a immersione insieme allo sciroppo d’agave frullando bene in modo da ottenere una crema morbida e liscia. Assaggiate e se vi sembra che l’aroma di limone non si senta abbastanza prelevate un pezzetto dalla scorza cotta insieme alle carote e frullatelo insieme alla crema.
Ponete la brisè su un foglio di carta forno e stendetela molto sottile (pochi millimetri). Con un coppapasta rotondo ricavate dei dischi che andrete a posizionare su dei pirottini per muffin rovesciati a testa in giù e unti leggermente d’olio con un pennello da cucina (il procedimento è lo stesso dei cestini che trovate in questa ricetta solo che in questo caso le tartellette avranno i bordi piuttosto bassi). Fate aderire bene il disco di brisè sui pirottini modellandolo con le mani, quindi bucherellatelo con una forchettina e disponete i pirottini a testa in giù su una teglia da forno infornandoli a 180 gradi per 15 minuti circa. Quando saranno cotti e leggermente bruniti sfornateli, lasciateli intiepidire e staccate con delicatezza le tartellette dai pirottini. Lasciatele raffreddare completamente, poi, poco prima di servire, farcitele con la crema di carote e guarnite con spicchi di kiwi (eventualmente sostituibili con altra frutta leggermente acida come fragole o frutti di bosco).
PS: consiglio di farcire i pirottini non troppo tempo prima di consumarli per evitare che la crema inumidisca troppo la base di brisè togliendole croccantezza.

Identità golose Milano 2016

Si è da poco conclusa la dodicesima edizione di Identità Golose Milano, congresso internazionale di cucina d’autore (vedi il post dell’anno scorso in proposito). Quest’anno il tema era La forza della libertà, interpretato in vario modo dagli chef che si sono succeduti sui palchi dei cooking show. Simone Salvini e Daniela Cicioni, ormai degli “habitué” della manifestazione, hanno presentato i loro “esperimenti” vegani.
salviniSimone Salvini ha mostrato che l’acqua di cottura dei legumi monta a neve esattamente come l’albume d’uovo, rivelandosi perfetta per sostituirlo in tutti gli usi, comprese le meringhe. Di fatto questo è un tema che nel mondo vegan circola già da qualche tempo (provate a cercare su Google “acquafaba” e ne scoprirete delle belle 😉 ), ma credo sia la prima volta che una tale “novità” viene presentata ufficialmente ad una manifestazione di alto livello, per lo meno in Italia. Lo chef Simone ha quindi preparato un piatto dolce a base di perle e cialde di tapioca (tubero tipico africano) con crema di latte di cocco e meringhe.cicioni
L’intervento di Daniela Cicioni ha avuto invece come tema la fermentazione, di cui ultimamente si parla parecchio, soprattutto nell’ambito della cucina crudista, ma che di fatto è un antichissimo metodo di conservazione dei cibi (pensiamo ad esempio ai crauti). Daniela ha spiegato che i legumi cotti, opportunamente insaporiti e fermentati per 3 giorni, non solo si arricchiscono di preziosi batteri buoni e utili per la salute dell’intestino, ma diventano anche più interessanti dal punto di vista del gusto (leggermente e piacevolmente aciduli). Recuperando un’antica tradizione libanese, è inoltre possibile fermentare anche il bulgur (alimento tipico mediorientale a base di grano ammollato, cotto, fermentinispezzettato e poi essiccato che è la base del famoso “tabulè”). Con una fermentazione stavolta più lunga, si ottiene una pasta (modellabile a piacere) il cui gusto e aroma ricordano quelli di un formaggio stagionato. Sempre a proposito di fermentazione ho avuto il piacere di seguire Daniela anche nella lezione che ha tenuto sui fermentini, ovvero formaggi vegani a base di frutta secca, freschi e stagionati. La novità è che non c’è bisogno di nessun tipo di “starter” in quanto ad una temperatura ambiente compresa fra i 15 e i 28 gradi circa, il processo di fermentazione si avvia e continua spontaneamente.lasagne
Uno degli ospiti stranieri più attesi di quest’anno era Matthew Kenney, pioniere e guru della cucina vegana e crudista negli Stati Uniti. Rinomato chef, autore di best seller, proprietario di diversi ristoranti e scuole di cucina (la prima delle quali fondata nel 2009) che accolgono studenti da ogni parte del mondo. Matthew ha presentato due “classiconi” del crudismo: le lasagne di zucchine (piatto inventato proprio da lui circa 12 anni fa) e i tartufini (truffles) al cacao crudo e frutta secca. Ho trovato interessante che in America più che il termine “vegano” si usi soprattutto l’espressione “plant-based“, che in italiano sarebbe “a base vegetale”. Ecco io sarei per adottare anche in Italia quest’abitudine, in quanto trovo che la parola “vegetale” sia più specifica e di più immediata comprensione…
Vorrei raccontarvi infine dei cooking show a cui ho assistito che avevano per tema la pasta, i quali, seppur solo vegetariani e non vegani, sono stati a mio avviso molto interessanti e ricchi di spunti. MI riferisco agli chef Cristina Bowerman e Peppe Guida… ma conto di parlarne in altri post. Vorrei infatti cimentarmi anch’io, nel mio piccolo, in alcuni semplici “esperimenti” ispirandomi a quello che ho visto, per cui ci saranno altre occasioni 😉 Stay tuned!

 

Risotto mantecato al sedano rapa con champignon, broccoletti e profumo di limone

IMG_6692Come ho già accennato in questo post, già da tempo sto frequentando i corsi della Joia Academy, ovvero “The Gourmet Vegetarian School” del ristorante Joia di Milano (unico ristorante vegetariano stellato d’Europa, del famoso chef Pietro Leemann). Che dire… 12227179_10207442058185170_5890481962643234465_nun’esperienza fantastica, appagante, istruttiva ed entusiasmante :-). La consiglierei a chi ha la passione per la cucina d’autore, mai banale o “casereccia”, ma ricca di colori e contrasti di gusti e consistenze, insomma quando un piatto non è solo buon cibo ma una piccola opera d’arte, un’esperienza multisensoriale a tutti gli effetti. Gli chef che tengono i corsi sono solitamente gli stessi che lavorano al ristorante, con la direzione didattica del bravo Sauro Ricci, e, oltre che tecnicamente preparati, sono anche molto disponibili e alla mano, insomma dei grandi :-). 12744540_10208042322671407_3330664080691439466_nRealizzare le ricette del Joia tali e quali a casa non è sempre facile, occorre un minimo di abilità tecnica di base e, soprattutto, un po’ di tempo a disposizione. Un piatto si compone in genere di tanti elementi diversi, ognuno con una propria cottura e una lavorazione che a volte prevede diversi passaggi, tempi di riposo ecc. Io ci sto provando, spesso semplificando o personalizzando, ma cercando di conservare sempre l’essenza di ciò che ho imparato. Questo risotto prende sputo da un primo piatto che si chiama L’ombelico del mondo di ispirazione un po’ orientale. Io in questo caso l’ho “occidentalizzato” oltre che semplificato, ma il risultato a mio parere è ugualmente notevole. La mantecatura con purea di sedano rapa e il contrasto dato dal limone e lo sciroppo d’agave danno il tocco di originalità (nella ricetta del Joia c’è anche lo zenzero fresco che però io non amo molto, se vi piace potete aggiungerlo ma attenzione a non esagerare perché rischia di coprire gli altri gusti e diventare dominante), mentre il verde del broccoletto aggiunge colore. Al posto del Carnaroli bianco ho usato un riso integrale Balilla (ma va bene pure l’Originario) i cui chicchi tondi e ricchi di amidi, a mio avviso, hanno una buona resa per i risotti (sulla confezione troverete scritto: “per minestre e timballi”, ma fidatevi, è perfetto anche per i risotti!).

Ingredienti per 3 porzioni medie:
240 g riso integrale Balilla o Originario (a chicco tondo)
1 litro di brodo vegetale dal sapore delicato
1 goccio di vino bianco (facoltativo)
100 g sedano rapa pesato già sbucciato
120 g funghi champignon pesati puliti 
1 piccolo  broccoletto

1/2 limone
1 cucchiaino di sciroppo d’agave
1 mazzettino di timo fresco
olio evo, sale

Sciacquate il riso in un colino sotto l’acqua corrente, scolatelo molto bene e fatelo tostare in una pentola per pochi minuti con un paio di cucchiai d’olio e un pizzico di sale. Sfumate, se volete, con un goccio di vino bianco (non è indispensabile, io ad esempio non l’ho fatto), quindi aggiungete due o tre mestoli del brodo bollente, coprite e lasciate sobbollire a fuoco basso. Di tanto in tanto controllate e quando il brodo si è asciugato aggiungetene altro. Non c’è bisogno di versare il brodo poco per volta e di mescolare continuamente, si può versare anche in 2 o 3 volte e lasciar cuocere il riso con coperchio.
Nel frattempo dedicatevi al condimento: tagliate il sedano rapa a dadini e bollitelo in acqua salata per circa 10 minuti, quindi scolatelo e frullatelo con un cucchiaio d’olio e uno o due cucchiai dell’acqua di cottura tenendo da parte la purea ottenuta che servirà per la mantecatura finale. Lavate e affettate i funghi mettendo da parte qualche fettina che vi servirà per la decorazione finale. Tagliate il resto a dadini piccoli e saltateli in padella per qualche minuto con un cucchiaio d’olio, le foglioline di timo e un pizzico di sale, poi toglieteli dalla padella, aggiungete un goccio d’olio se occorre e cuocete le fettine che avete tenuto da parte, arrostendole da entrambi i lati fin quando diventeranno un po’ croccantine. IMG_6688Ricavate dal broccoletto 60 g di “rapatura” ovvero con un coltellino affilato tagliate via solo la parte superiore più verde, come se doveste solo “tagliare i capelli” al broccolo ;-). Quando mancano pochi minuti al termine di cottura del riso (il bello del riso integrale è che non scuoce facilmente per cui potete prendervela comoda 😉 ) aggiungete prima il broccolo crudo, poi, dopo un minuto, i funghi a dadini, aggiustando eventualmente con poco altro brodo se fosse troppo asciutto. Quando è pronto spegnete il fuoco e mantecate con la purea di sedano rapa aggiungendo anche la scorza del mezzo limone grattugiata, un cucchiaio scarso di succo e lo sciroppo. Assaggiate ed eventualmente aggiustate di sale, quindi impiattate decorando con le fettine di funghi arrostiti.

Le Salon du Chocolat e il favoloso mondo del cioccolato (quello vero)

1Si è svolta a Milano lo scorso week end la prima edizione italiana del Salon du Chocolat, interamente dedicato al “cibo degli dei”, come potevo perdermelo? Gli stand non erano tantissimi ma quasi tutti offrivano assaggi e possibilità di acquistare i prodotti mentre i cooking show, nonostante nomi “blasonati” come Iginio Massari e Carlo Cracco, erano di fatto tutti onnivori quindi poco interessanti per me (ad eccezione di Marco Bianchi che, almeno lui, ha proposto un dolce vegano). Ciò che a mio avviso era assolutamente da non perdere erano invece i percorsi sensoriali, ovvero le degustazioni guidate per imparare a conoscere i vari tipi di cioccolato percependone lepresentazione principali caratteristiche attraverso tutti i sensi. Alcuni erano condotti dalla Compagnia del Cioccolato, altri a cura dall’Istituto Internazionale Chocolier. Insomma, se pensate che sommelier ed esperti assaggiatori e valutatori esistano solo per il vino e per l’olio extravergine d’oliva (vedi in proposito un mio vecchio post), vi sbagliate perché dietro al cioccolato di alta qualità si cela tutto un mondo ricco e variegato!

COME SI DEGUSTA IL CIOCCOLATO
Chiariamo che il cioccolato fondente buono dovrebbe contenere pochissimi ingredienti: massa o pasta di cacao con cacao in varie percentuali (non è detto che più alta è la percentuale, più buono sia il prodotto), burro di cacao, zucchero (meglio se di canna) o altri dolcificanti naturali e, al massimo, vaniglia naturale (non vanillina!). Per degustarlo si parte da una breve analisi visiva controllandone il colore, la lucentezza e l’omogeneità della superficie, poi si spezza per sentire il rumore e la resistenza alla rottura, si annusa per percepire l’intensità del profumo, infine se ne assaggia un pezzo lasciandolo sciogliere in bocca lentamente. All’assaggio si valuta il grado di scioglievolezza e la rotondità (che è il contrario di spigolosità o ruvidezza) e naturalmente il gusto e l’aroma. Ci dovrebbe essere un giusto equilibrio fra l’amaro e il dolce ed eventualmente anche la nota acida o astringente che non devono predominare (il cioccolato con alte percentuali di cacao, 90% o 99% può piacere ma oggettivamente non è equilibrato). Oltre a quello proprio del cacao si dovrebbero percepire una serie di aromi secondari che possono essere tantissimi in base alla tipologia di cioccolato, a come è stato lavorato e, soprattutto, alle varietà di cacao utilizzate. Esattamente come per il vino e l’olio exravergine d’oliva, anche nel cioccolato questi aromi possono essere piacevoli (fruttati, speziati, tostati, floreali, aromi di frutta secca, vaniglia, caramello, miele, latte ecc) o sgradevoli (bruciato, rancido, muffa, metallico…). Infine il gusto del cioccolato deve avere una certa persistenza in bocca anche dopo che si è sciolto completamente.

vietnamitaUltimamente sono emersi sul mercato due prodotti cosiddetti “di nicchia”: il cioccolato di Modica che si colloca in una categoria a parte, ovvero viene valutato con criteri diversi essendo la lavorazione diversa da quella tradizionale e il cioccolato crudo. Secondo Roberto Caraceni, vice presidente della già citata Compagnia del Cioccolato, quest’ultimo, se considerato da un punto di vista nutrizionale-salutistico, è senza dubbio molto più ricco di antiossidanti rispetto a quello tradizionale, ma dal punto di vista puramente gustativo/gourmet, la tostatura del cacao, se fatta bene, esalta e letteralmente “tira fuori” tutta una serie di aromi secondari che nel cacao crudo risultano assenti (un po’ come la frutta secca: nocciole e mandorle crude al naturale sono buone e sane ma se le tostiamo anche leggermente il gusto si arricchisce e diventa più aromatico). Insomma il cioccolato crudo fa bene ma rischia di avere un sapore piuttosto “piatto”, soprattutto se non è fatto come si deve.
AmedeiDomoriGianduiottoPer quanto mi riguarda posso consigliarvi tre prodotti che ho trovato eccezionali, tutti e tre fra i vincitori del Premio Tavoletta d’Oro (assegnato ogni anno dalla Compagnia del Cioccolato ai migliori cioccolati italiani in base alla categoria di appartenenza): Amedei 9 75% (blend di 9 tipi diversi di cacao), Domori Canoabo 70% (con cacao monoorigine di tipo Criollo, una varietà molto rara e pregiata) e Guido Gobino Maximo +39 (vincitore per la categoria gianduia, con il 39% di pasta di nocciola gentile delle Langhe IGP).
Copia di GianduiottoApro una parentesi sul gianduia, ovvero il cioccolato che prevede l’aggiunta di pasta di nocciole. Inventato all’inizio dell’800 da alcuni pasticceri torinesi per sostituire in parte l’allora costosissimo cacao con la più economica nocciola del Piemonte (prodotto locale e facilmente reperibile), ricevette la sua consacrazione nel 1865 con la creazione del gianduiotto (il primo cioccolatino incartato singolarmente). Gli ingredienti erano: nocciole del Piemonte tostate e macinate, cacao, burro di cacao e zucchero (assolutamente niente latte, che fu introdotto solo nel corso del ‘900 per rendere il prodotto più economico e, aggiungerei, più scadente). Alcune illuminate aziende piemontesi continuano a produrre questo rinomato cioccolatino secondo la ricetta tradizionale e con ingredienti di qualità. Guido Gobino è tra queste e il suo gianduiotto artigianale è estremamente godurioso!
Anche se in passato non sono mai stata una grande appassionata di cioccolato, devo dire che dopo questa esperienza… be’, impossibile resistere! Mi sono ricreduta 😀 E speriamo che il Salon si ripeta anche l’anno prossimo 😉

Biscotti alle nocciole (senza glutine e senza zucchero)

biscotti
Un dolce da forno goloso senza glutine e senza zucchero è possibile? Assolutamente sì.  ioAl corso sui dolci senza glutine che ho tenuto presso l’Asilo dei Grandi abbiamo realizzato un buon pane integrale (ricetta qui), dei soffici muffin al cacao con gocce di cioccolato e aroma di arancia, dei pancakes con farina di castagne e questi ottimi biscotti. Croccanti e dolci al punto giusto, la mancanza dello zucchero non si sente per nulla e la nocciola si sposa benissimo con l’aroma della scorza di limone. Se poi volete provare una variante diversa, sostituite le nocciole con le mandorle e la vaniglia con la cannella ma non dimenticate la scorza. Io di solito la metto quasi sempre (alternando magari il limone con l’arancia o il mandarino quando è stagione), trovo che la sua nota fresca e profumata arricchisca di aroma tutti i dolci.

Ingredienti per 24 biscotti circa:
200 g farina di riso
80 g nocciole tostate (sostituibili con mandorle)
40 g farina di mais fioretto
80 g olio di mais
150/160 g sciroppo d’agave (in base al grado di dolcezza che preferite)
10 g lievito naturale per dolci
1/2 cucchiaino vaniglia in polvere (sostituibile con cannella)
scorza di limone bio grattugiata
granella di nocciole (o di mandorle) per decorare

Tritate finemente le nocciole con un mixer, poi unitele alle farine di riso e di mais, il lievito, la vaniglia e la scorza di limone. Mescolate insieme l’olio e lo sciroppo e versateli a poco a poco sul mix di ingredienti secchi impastando con le mani fino a formare una pasta molto morbida, omogenea e unta. Formate delle palline da circa 20 g ciascuna e disponetele su una teglia ricoperta di carta forno appiattendole leggermente con le dita. Spolverizzate ciascun biscotto con poca granella di nocciole e schiacciatela leggermente con le dita per farla aderire. Informate a 175 gradi per 15 minuti circa. Attenzione perché, anche se sopra sembrano cotti al punto giusto, sotto tendono facilmente a bruciarsi. Appena estratti dal forno dovranno essere ancora morbidi, si induriranno raffreddandosi. Quando saranno completamente freddi conservateli ben chiusi in un barattolo di latta o sacchetto di plastica per alimenti.

Lasagne al ragù di lenticchie rosse

lasagne 1Alcune ricette di ragù di lenticchie che si trovano sul web sono piuttosto delle “lenticchie in umido” che un vero e proprio ragù… Io invece volevo un vero ragù “sugoso” simile a quello tradizionale… (che di solito faccio con la soia, vedi ricetta qui). Così ho pensato di realizzarne una mia versione con le lenticchie rosse decorticate. Per chi non lo sapesse, si tratta di normali lasagne 2lenticchie che però vengono private della cuticola esterna eliminando così la parte più fibrosa. Per questo motivo sono il legume più leggero e digeribile in assoluto, l’unico che non ha bisogno di ammollo preventivo. In più hanno il vantaggio di cuocere in pochissimo tempo e di sciogliersi in cottura fino a formare un bel sugo cremoso…
ragùLe avevo già utilizzate per il dahl di lenticchie rosse, ricetta etnica di ispirazione indiana, adesso invece, a grande richiesta, un classicone della cucina italiana 😉
PS1: Se vi piacciono le lasagne un po’ più particolari provate quelle al radicchio e noci, ricetta qui)
PS2: se non avete voglia/tempo di preparare le lasagne (come spesso capita a me) usate questo ragù semplicemente per CONDIRE LA PASTA, è stra buono e piacerà anche ai bambini 😉

Ingredienti per 6 porzioni medie:

250 g circa di lasagne di grano duro (anche di farro, integrali ecc)
Per il ragù:
200 g lenticchie rosse decorticate
400 g passata di pomodoro
1 cipolla, 1 carota, 1 gambo di sedano
1 foglia di alloro, 1 rametto di rosmarino, origano, olio evo
Per la besciamella:
1 litro latte di soia al naturale non dolcificato
40 g olio evo
65 g farina integrale
1 cucchiaino colmo di dado vegetale bio, noce moscata
Per la gratinatura:
lievito alimentare q.b., pan grattato q.b., olio evo

Per il ragù: tritate la cipolla e tagliate a dadini la carota e il sedano, quindi fateli stufare in una casseruola insieme a due o tre cucchiai d’olio e l’alloro. Non appena si saranno ammorbiditi unite le lenticchie sciacquate e ben scolate e mescolate per farle insaporire. Aggiungete poi la passata di pomodoro e 600 ml circa d’acqua. Coprite e lasciate sobbollire a fuoco lento per circa mezz’ora, o comunque fin quando le lenticchie si saranno disfatte e il liquido di cottura asciugato in modo da avere la consistenza di un ragù piuttosto denso. Spegnete il fuoco, eliminate l’alloro e aggiungete gli aghi di rosmarino tritati finemente e un po’ d’origano.
Preparate la besciamella facendo scaldare l’olio in un pentolino. Poi, fuori dal fuoco, aggiungete la farina per formare una pastella. Aggiungete quindi il latte a poco a poco mescolando per evitare i grumi. Ponete la pentola sul fuoco e portate a bollore continuando a mescolare. La besciamella deve restare piuttosto liquida perché servirà per cuocere le lasagne direttamente in forno. Insaporitela con il dado vegetale (assaggiate e regolatevi di conseguenza, deve essere bella saporita) e una generosa dose di noce moscata.
Componete la lasagna: Versate un mestolino di besciamella sul fondo di una teglia e disponete sopra uno strato di lasagne, poi ancora un po’ di besciamella e alcune cucchiaiate di ragù. Proseguite con un altro strato di lasagne, besciamella e ragù continuando fino ad esaurire gli ingredienti e terminando con besciamella e qualche cucchiaiata di ragù. Cospargete la superficie con un po’ di lievito alimentare e di pangrattato, irrorate con un filo d’olio e infornate a 200 gradi per circa 30 o 40 minuti, fin quando si sarà formata una bella crosticina. Sfornate e lasciate riposare almeno 10 minuti prima di tagliare e servire.

Burger di lenticchie

burger di lenticchie
Anche quest’anno le vacanze natalizie sono finite e, aggiungerei, poco male visto che di fatto non mi sono riposata granché. Ho infatti approfittato della pausa dai corsi di cucina, dai catering ecc. per lavorare ad un nuovo progetto (e no, non mi stanco mai 😉 ). Non posso ancora dirvi di cosa si tratta ma… non vedo l’ora. Quando sarà il momento lo scoprirete 😛
Ogni tanto trovo anche il tempo di pubblicare qualche ricettina sul blog e, visto che la prossima settimana riprenderanno i miei corsi all’Asilo dei Grandi (che nel frattempo ha creato un bellissimo sito nuovo) e il primo avrà come tema: I LEGUMI, ecco una ricetta di ottimi burger a base di lenticchie. Non sarà una ricetta che insegnerò al corso ovviamente, quelle di solito sono riservate ai partecipanti, ma diciamo che è sulla falsa riga.
Ci sono voluti un paio di tentativi prima di trovare non solo il gusto ma, soprattutto, la consistenza perfetta: croccantini fuori e morbidi dentro, non asciutti e stopposi ma neppure troppo morbidi. Se li provate non comprerete mai più quelli pronti e confezionati!

Ingredienti per 6 burger medi e piuttosto sottili
120 g lenticchie secche piccole
200 g tra cipolla, carota e sedano pesati già puliti
2 foglie di alloro
40 g pomodori secchi
40 g farina di ceci
erbe aromatiche secche: salvia, origano, rosmarino
olio evo, sale

Mettete a bagno le lenticchie per 4 o 6 ore. Poi scolatele dall’acqua di ammollo, sciacquatele e mettetele in un pentolino insieme all’alloro, la carota, il sedano e la cipolla tagliati a pezzettini aggiungendo anche, se possibile, qualche foglia di sedano. Versate 700/800 ml circa d’acqua, coprite e lasciate sobbollire a fuoco lento fin quando le lenticchie e le verdure saranno cotte. A questo punto scolatele molto bene lasciandole sgocciolare per 5 o 10 minuti in un colino, poi mettetele nel bicchiere del minipimer e frullatele insieme ai pomodori secchi sciacquati, ben sgocciolati e tagliati a pezzettini fino ad ottenere una crema omogenea. Aggiungete le erbe aromatiche e la farina di ceci amalgamando bene, l’impasto resterà molto morbido. Assaggiate ed eventualmente regolate di sale. Ricoprite una teglia con carta forno, ungetela leggermente d’olio e con l’aiuto di un coppapasta rotondo formate dei burger. Ungeteli anche sopra servendovi di un pennello da cucina e infornate a 200 gradi per circa 15 minuti rigirandoli a metà cottura. Lasciate intiepidire prima di servire insieme ad una fresca insalata o patate al forno.
PS. Si possono accompagnare con maionese veg, sugo di pomodoro, ketchup o una salsina con yogurt di soia al naturale ed erbe fresche (ricetta qui)

Croccante di frutta secca e semi

torrone croccante di mandorle e noccioleAncora un dolce a tema natalizio, ma non aspettatevi da me panettoni e pandori con lavorazioni complesse e lievitazioni lunghissime… non fanno per me 😉 Ecco invece una ricetta semplice e veloce per un dolce leggero, sano, senza glutine e nutriente, ma, a mio avviso, comunque goloso e appagante. Sarà perché adoro la frutta secca (e i semi) in tutti i modi? Gli ingredienti sono pochissimi e il croccante sesamo 2procedimento elementare, ci sono però un paio di accorgimenti importanti da rispettare ad esempio nella cottura dello sciroppo che deve caramellare al punto giusto senza bruciare. Io stessa ho dovuto fare un paio di prove prima di trovare il punto giusto di caramellizzazione. Nelle foto ci sono due versioni, con nocciole e mandorle e con sesamo, ma potete variare la frutta secca a piacere con pistacchi, arachidi al naturale, noci spezzettate e al posto del sesamo potete usare semi misti aggiungendo magari anche uva passa. Io ho preferito lo sciroppo d’agave perché ha un potere dolcificante maggiore rispetto al malto di cereali per cui ne basta meno, ma se volete usare il malto (consiglio di riso o di mais) va bene lo stesso, magari aumentate un po’ la quantità, visto che dolcifica di meno.

Ingredienti 
100 g mandorle pelate
100 g nocciole tostate 
160 g sciroppo d’agave

Fate tostare leggermente le mandorle in forno a 160 gradi per circa 10 minuti (non devono diventare marroni, ma color crema), quindi mescolatele alle nocciole tostate (consiglio di comprarle già tostate, altrimenti, se le comprate solo sgusciate, tostatele voi come per le mandorle). Fate bollire lo sciroppo in un pentolino per circa 15/20 minuti. Inizialmente farà una schiuma bianca che poi diventerà color ambrato e sempre più tendente al marroncino. Capite se è buono quando lasciando cadere una goccia su un piattino si solidifica subito e diventa dura (non deve restare appiccicosa). A questo punto dovete fare tutto molto velocemente in quanto lo sciroppo tende ad induristi subito. Spegnete il fuoco, versate le mandorle e le nocciole nel pentolino, mescolate velocemente e versate subito su un ripiano ricoperto di carta forno. Stendete sopra un altro foglio di carta forno e livellate subito il croccante con un mattarello facendo un po’ di forza in modo da formare uno strato sottile. Staccatelo dalla carta forno solo dopo che si è indurito (una o due ore). Spezzettatelo con le mani prima di servire.
Per il croccante di sesamo il procedimento è uguale: sostituite i 200 g di frutta secca con 200 g di semi di sesamo (io non l’ho fatto ma se volete potete prima tostarlo leggermente in una padella a secco mescolando sempre per pochi minuti, facendo attenzione a non bruciarlo).

Pasta frolla vegan senza zucchero per tutti gli usi

frollini 1Se come me amate le crostate e i biscotti di pasta frolla, apprezzerete sicuramente questa ricetta in quanto non solo è senza zucchero (dolcificata con sciroppo d’agave) ma a mio avviso è più buona e molto più “frolla” rispetto alla classica ricetta vegana con zucchero, olio e acqua che solitamente si fa o si trova in giro. Io stessa la facevo prima in questo modo e, per quanto buona di sapore, la frollini 2consistenza non mi soddisfaceva del tutto, sempre troppo elastica da lavorare (non “frolla” ovvero non friabile come dovrebbe essere) e quindi poi, dopo la cottura, un po’ troppo dura e biscottata. Alla puntata di Socialveg dello scorso 25 novembre ho presentato proprio una ricetta di biscottini natalizi realizzati con questa frolla aromatizzata allo zafferano e scorza di limone con copertura al tartellette di frolla con crema paasticcera e fruttacioccolato (trovate la ricetta sul sito di Socialveg qui ma dovete iscrivervi per vederla). Ai due corsi sui dolci vegani che ho tenuto presso l’associazione L’Asilo dei Grandi abbiamo realizzato invece delle simpatiche tartellette farcite con crema pasticcera e frutta. L’unica accortezza che bisogna osservare è la cottura. Ovvero la temperatura del forno deve essere bassa (150/160 gradi al massimo) e il colore non deve mai diventare marroncino o scuro, deve restare chiaro e sotto appena dorato. Se provate a toccarla col dito deve cedere ovvero deve essere ancora morbidina in quanto si indurirà raffreddandosi. Consiglio per i regali di Natale: usate questa ricetta per fare in casa non solo classiche crostate ma anche simpatici biscottini con formine natalizie e magari aromatizzati con zafferano, cannella o zenzero. Scegliete se ricoprirli poi di cioccolato o meno.

Ingredienti per la base di una crostata medio/piccola oppure una quarantina di biscotti oppure una quindicina di tartellette (realizzate con gli stampini dei muffin)

240 farina 2 (semintegrale)socialveg
60 g olio di mais
120 g sciroppo d’agave
12 g lievito naturale per dolci
la scorza di un limone
1/3 di cucchiaino di vaniglia in polvere
1 bustina di zafferano (opzionale e sostituibile con cannella o zenzero in polvere)

Mescolate in una ciotola la farina, il lievito, la scorza del limone grattugiata e la vaniglia. A parte miscelate insieme l’olio, lo sciroppo ed eventualmente lo zafferano e versateli nella ciotola con la farina impastando con le mani fino ad ottenere una pasta morbida e “frollosa”. Ponetela su un ripiano ricoperto di carta forno e stendetela con un mattarello fino a circa mezzo cm di spessore.
Se volete fare dei biscotti: Dalla frolla stesa ricavate dei biscotti utilizzando delle formine. Disponeteli su una teglia ricoperta di carta forno e cuoceteli a 150/160 gradi per circa 7/8 minuti fin quando assumeranno un colore appena dorato e comunque chiaro e assolutamente non marroncino o bruno. Se li premete con un dito devono risultare morbidi, non duri, si induriranno quando raffreddano. Fateli quindi raffreddare completamente. Se volete potete sciogliere a bagnomaria del cioccolato fondente e ricoprirli fino a circa la metà poggiandoli poi subito su un ripiano o tagliere con della carta forno (per evitare che il cioccolato resti attaccato) magari anche decorandoli a piacere con bacche di goji e scorzette di limone.
Se volete realizzare una crostata: ponete su una teglia la frolla stesa insieme a tutta la carta forno e fatela aderire bene ai bordi e agli angoli. Bucherellatela con una forchetta e ricopritela con un foglio di alluminio, facendolo aderire bene (facendo in modo che copra anche tutti i bordi) e poi mettete sull’alluminio uno strato di fagioli secchi. Infornate a 150/160 gradi per 15 minuti circa. Togliete quindi l’alluminio con i fagioli, controllate la cottura ed eventualmente rimettete in forno ancora per alcuni minuti senza copertura. Per Copia di 2capire qual è il giusto grado di cottura valgono le stesse indicazioni dei biscotti. Lasciate raffreddare e farcite con crema pasticcera (ricetta qui) e frutta fresca oppure con crema al cioccolato o veg-nutella (ricetta qui) e frutta secca.
Se volete realizzare delle tartellette: servendovi di un coppa pasta ricavate dalla frolla stesa dei dischi rotondi. Oliate ed infarinate degli stampini per muffin e ponetevi sopra i dischi di frolla ottenuti, facendoli aderire bene agli angoli. State attenti perché essendo la pasta molto friabile (ma è così che deve essere una frolla) tenderà a rompersi facilmente. Bucherellate con una forchettina il fondo delle tartellette e mettete su ognuna un foglietto di alluminio facendolo sempre aderire bene e sopra un pochino di fagioli secchi (come per la crostata grande). Infornate a 150/160 gradi per 10 minuti circa, poi togliete l’alluminio con i fagioli, controllate la cottura ed eventualmente reinfornate senza copertura per qualche altro minuto. Per capire qual è il giusto grado di cottura valgono le stesse indicazioni dei biscotti. Lasciate raffreddare e farcite a piacere come per la crostata.

Spaghetti integrali con broccoli e champignon

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Questo per me è un periodo intensissimo e davvero pieno di impegni. I corsi di cucina che sto tenendo presso l’Associazione L’Asilo dei Grandi hanno molto successo tanto che abbiamo duplicato quasi tutte le date proprio per il gran numero di iscritti. Nel frattempo continuano i rinfreschi vegan e gluten-free che preparo in occasione delle conferenze che si svolgono da Artemedica tenute dalla dottoressa Michela De Petris (vedi in proposito questo post, questo e questo) e non solo.
Mercoledì 26 novembre parteciperò per la terza volta alla trasmissione online Socialveg dove, insieme allo chef Antonio Marchello, ideatore e presentatore della trasmissione, preparerò in diretta streaming dei golosi dolcetti da regalare a Natale.
Come se ciò non bastasse sto frequentando un ciclo di corsi presso la Joia Academy, la scuola di cucina del ristorante stellato Joia di Pietro Leemann… potevo perdermi un’occasione del genere? Assolutamente no!
Nonostante tutto trovo anche il tempo di sperimentare ricette nuove per il blog 😀 Questa ad esempio, come spesso accade, è nata per caso: avevo nel frigo un broccolo e dei funghi champignon da consumare ma anche una gran voglia di un buon piatto di spaghetti… PS: mi raccomando la paprika e il peperoncino, indispensabili per la buona riuscita del piatto 😉

Ingredienti per 4 persone:
320 g spaghetti integrali (anche di farro)
1 broccolo da 500 g
1 cipolla bianca piccola

400 g funghi champignon
1 spicchio d’aglio

1 manciata di prezzemolo fresco
1 cucchiaino abbondante di paprika dolce
peperoncino piccante a piacere
olio EVO, sale

Prelevate dal broccolo solo le cimette superiori mettendo da parte il tronco centrale e tutti i rami (eh sì, il broccolo è proprio a forma di albero! 🙂 ). In una pentola piuttosto capiente portate a bollore un bel po’ d’acqua e tuffatevi dentro il tronco e i rami del broccolo tagliati a dadini piccoli. Quando sono morbidi prelevateli con una schiumarola e frullateli insieme ad un cucchiaio d’olio e un po’ d’acqua di cottura in modo da ottenere una crema abbastanza fluida. Sbollentate le cimette del broccolo per 3 o 4 minuti nella stessa acqua (non mettete coperchio altrimenti rischiate che il loro bel colore verde brillante si sbiadisca! Anzi, l’ideale sarebbe tuffarle in acqua ghiacciata subito dopo la cottura) in modo che si ammorbidiscano senza disfarsi. Raccoglietele sempre con la schiumarola e ripassatele in padella insieme alla cipolla tritata e un po’ d’olio, aggiungendo alla fine la paprika e il peperoncino. Pulite, affettate i funghi e trifolateli in un’altra padella insieme ad un paio di cucchiai d’olio e allo spicchio d’aglio tagliato a metà e privato dell’anima (da togliere successivamente). Inizialmente coprite con coperchio, quando i funghi avranno rilasciato la loro acqua togliete il coperchio e fate asciugare completamente. Salate e aggiungete il prezzemolo tritato solo a fine cottura.
Nella stessa acqua di cottura dei broccoletti (aggiungete altra acqua se vi sembra poca) cuocete la pasta, scolatela al dente e conditela con la crema di gambi di broccolo, unite quindi i broccoletti stufati e i funghi trifolati amalgamando bene. Se volete spolverizzate con altra paprika o prezzemolo tritato oppure tutti e due.

Pane senza glutine integrale semplice

pagnottelle senza glutine
Realizzare un buon pane senza glutine con farine integrali e naturali (non con preparati già pronti) è difficile? Evitare la pasta madre (che non è alla portata di tutti), procedimenti complessi, lievitazioni lunghissime e ingredienti difficili da reperire (come la gomma di xantano ecc) è impossibile? Assolutamente no. Nonostante il mio scetticismo iniziale, ho sperimentato che con pochi e semplici ingredienti e in poco tempo si può ottenere un buon pane senza glutine, integrale e salutare. Ci tengo a specificare che si tratta di una versione basica, passibile di miglioramenti e varianti. Ad esempio si potrebbe provare a sostituire la farina di riso integrale con quella di miglio e la farina di grano saraceno con quella di quinoa. Ma anche la fecola di patate (che serve a rendere il pane più morbido) si potrebbe sostituire con maizena o amido di mais. Si potrebbero aggiungere semi di vario tipo nell’impasto e inserire anche un po’ di farina di mais fioretto… insomma le varianti sono tantissime, occorre solo avere tempo e voglia di sperimentare! E cosa c’è di più bello in cucina? 😉 Se qualcuno di voi ci prova fatemi sapere come va ^_^
PS: consiglio di realizzare 6 pagnottelle piccole e non un unico pane non solo per facilitare e velocizzare la cottura, ma anche per semplificarne il consumo e la conservazione.

Ingredienti per 6 pagnottelle da 90/100 g circa ciascuna
200 g farina di riso integrale (si trova nei supermercati bio tipo Naturasì)
100 g farina di grano saraceno
100 g fecola di patate
280 g circa acqua tiepida
10 g sale fino
8 g lievito di birra secco
1 cucchiaino raso di zucchero di canna integrale
semi misti a piacere (opzionali)

Sciogliete il lievito e lo zucchero in un pochino dell’acqua tiepida prevista e aspettate che si formi uno strato di schiuma sopra (indice che il lievito si è attivato). Amalgamate insieme la farina di riso, quella di saraceno e la fecola in una ciotola, poi versate il lievito sciolto e l’acqua rimanente impastando con le mani, infine il sale. L’impasto risulterà molto molle e appiccicoso (non come quello classico per il pane) e non occorre lavorarlo a lungo, basta amalgamarlo bene. Lasciatelo nella stessa ciotola, copritela con un canovaccio leggermente inumidito e una coperta o un telo doppio posizionandolo in un luogo riparato da correnti e possibilmente tiepido della casa (ad esempio vicino al calorifero). Lasciate lievitare per almeno 2 ore, poi riprendete l’impasto, formate 6 palline di egual peso (la pasta si appiccicherà un po’ alle mani, se volete potete infarinarle leggermente ma non troppo per non incorporare troppa farina) e posizionatele in una teglia ricoperta di carta forno. Cospargetele a piacere con i semi schiacciandoli leggermente per farli aderire, quindi coprite la teglia ancora con il canovaccio e la coperta e lasciate lievitare ancora per un’ora. Infornatele a 180 gradi per circa 20 minuti (controllatele perché ogni forno è diverso). Considerate che il colore resterà chiaro tendente al grigiastro, non dorato. Si conservano per un paio di giorni ben chiuse in un sacchetto di plastica per alimenti, meglio se in frigorifero, oppure si possono congelare e tirarle fuori all’occorrenza.