Il pesce felice (paté di ceci e capperi)


Se volete “stupire i vostri ospiti con effetti speciali” preparategli questo “pesce felice”! Io ho usato un patè di ceci che ha un sapore molto simile alla salsa tonnata ma volendo i ceci si possono sostituire con le patate lesse o addirittura usare un classico purè di patate denso aromatizzato a piacere.

Ingredienti:
Per il patè:

240 g di ceci cotti ben scolati
2 cucchiai di tahin (crema di sesamo)
3 cucchiai di maionese veg
1 cucchiaio di senape dolce
1 cucchiaio scarso di capperi sotto sale

il succo di mezzo limone
mezzo spicchio d’aglio (fac.)
Per la decorazione:
una carota
una zucchina
timo o origano secco

Dissalate i capperi sciacquandoli bene e mettendoli a bagno in un po’ d’acqua per almeno un’ora. Poi frullate tutti gli ingredienti fino a formare una crema/purè piuttosto densa (eventualmente aggiungete un filino d’acqua). Adagiatela al centro di un piatto ovale e dategli la forma di un pesce aiutandovi con le mani per definire i contorni e con il dorso di un cucchiaino per livellare la superficie. Pulite bene le eventuali tracce che rimangono ai lati del piatto.
Tagliate la carota a metà per lungo e poi a mezze rondelle, con un pelapatate tagliate la buccia verde delle zucchine a strisce sottili. Usate le mezze rondelle di carota per fare le squame e le strisce di zucchine per i contorni, la testa e la coda. L’occhio è un cappero ma va bene anche un’oliva. Spolverate le squame-carote con un po’ di timo o origano e condite a piacere con un filo d’olio EVO. Servite freddo come antipasto. Il sapore ricorda molto quello del patè di tonno ed è perfetto da spalmare sui crostini di pane.

Passione Extra Vergine

Si parla tanto di vini e corsi di sommelier ma pochi ancora conoscono e sanno apprezzare la qualità di un buon olio extra vergine d’oliva. Come per un buon vino DOC siamo disposti a spendere un po’ di più, dovremmo fare altrettanto per l’olio, anche perchè a mio parere una buona cucina tradizionale italiana non può assolutamente fare a meno di un olio d’oliva come si deve. A maggior ragione una sana alimentazione che elimina o riduce al minimo i grassi animali deve puntare su grassi vegetali di ottima qualità che hanno l’enorme vantaggio non solo di essere privi di colesterolo ma di arricchirci di preziosi polifenoli, vitamina E e Omega 3.
Per questi motivi ho partecipato con grande interesse ad una serata di degustazione con mini-corso sull’assaggio e riconoscimento dell’olio d’oliva organizzata presso l’Azienda Agricola Cassani.
Dopo una breve introduzione storica, geografica e tecnica l’esperto ci ha dato una scheda di valutazione dove all’assaggio dei vari oli, dovevamo indicare le impressioni e le qualità percepite. Abbiamo degustato ben sette tipi di oli, due stranieri e cinque italiani, tra cui un toscano e due siciliani, entrambi provenienti dai monti Iblei, zona collinosa in provincia di Ragusa.
Per assaggiare l’olio si usano appositi bicchierini: i professionisti li usano di vetro blu per non essere influenzati dal colore che, come ho imparato, non è indicativo di maggiore o minore qualità, ma è solo una caratteristica intrinseca del prodotto, noi abbiamo usato i più pratici di plastica.
Per prima cosa si scalda il bicchierino con le mani, una sotto e una sopra per coprirlo, in modo da non far evaporare gli aromi, poi si procede all’esame olfattivo e poi si assaggia un piccolo sorso cercando di distribuirlo dalla punta ai lati della lingua e della bocca aspirando un po’ d’aria. Quindi si gusta aspettando che vengano fuori a poco a poco tutte le sensazioni. La qualità di un olio è molto legata all’intensità, varietà, gradevolezza ed equilibrio di queste sensazioni.
Con l’esame olfattivo si scopre una grande varietà di profumi e sfumature che prima per me erano davvero impensabili! Ad esempio aromi che ricordano l’erba fresca, il carciofo, le foglie o il frutto del pomodoro, la noce, la mandorla, sono considerati positivi e ricercati e vengono raggruppati nel termine Fruttato. Per quanto riguarda i difetti possono essere di vari tipi e già all’olfatto si percepiscono, ad esempio un odore di fieno o erba secca indica un’ossidazione o irrancidimento mentre il  “Riscaldo”  è dovuto ad olive che hanno fermentato dopo la raccolta e prima della lavorazione. Se addirittura sulle olive si è sviluppata la muffa si percepisce il suo odore nell’olio! Trovate qui un piccolo vocabolario di tutti i possibili pregi e difetti con relative sensazioni.
L’esame gustativo dovrebbe confermare le sensazioni olfattive e in generale, se l’olio è buono, oltre al fruttato dovremmo percepire anche il Piccante e l’Amaro. Dipende poi dalle specifiche varietà l’equilibrio o il predominare dell’una o dell’altra caratteristica. Ad esempio l’olio toscano che abbiamo assaggiato aveva una spiccata nota di amaro che lo rendeva adatto a condire carni o legumi dal sapore deciso, mentre i due di provenienza siciliana avevano una predominanza del piccante ed erano più indicati per pesce, verdure e insalate.
Per quanto mi riguarda, essendo cresciuta in Sicilia, ricordo sempre con piacere il buon olio che produceva mio zio dagli uliveti di famiglia, che purtroppo adesso non ci sono più. Era verde intenso, fruttato e piccantino, simile ai due siciliani che abbiamo assaggiato, anche se certamente meno ricco di aromi e profumi quindi non così pregiato. Per il futuro credo che userò un prodotto più standard (ma comunque sempre e solo extravergine d’oliva italiano e di buona qualità) per le cotture, mentre per i condimenti a crudo acquisterò il Siculum DOP che mi ricorda il sapore della mia infanzia e adolescenza in Sicilia e che, tra l’altro, si sposa benissimo con la mia cucina vegetale.
PS: nella foto in alto il mio hummus di ceci condito con olio EVO biologico DOP e paprika dolce.

Cannelloni al ragù di okara e besciamella di soia


Con il latte di soia autoprodotto ho voluto subito fare la besciamella mentre con l’okara (la parte secca che rimane sul telo dopo la filtratura e spremitura) l’ho utilizzata per un simil-ragù. Ragù+besciamella: cannelloni!

Ingredienti:
14 cannelloni secchi di semola di grano duro
Per il ragù
150 g di okara di soia
1 cipolla
1 carota piccola
1 gambo di sedano
1 lattina di polpa di pomodoro
un rametto di timo fresco
qualche foglia di basilico
un pizzico di origano
Per la besciamella:
750 ml di latte di soia autoprodotto
40 g di olio d’oliva
45 g di farina semintegrale
un mazzetto di erba cipollina
dado vegetale

Preparate il ragù facendo soffriggere la cipolla, la carota e il sedano, aggiungete l’okarae fate insaporire un minuto. Aggiungete poi la polpa di pomodoro e un po’ d’acqua, coprite e lasciate cuocere e asciugare. Non appena il sugo si è ristretto potete scegliere se lasciarlo così o frullarlo brevemente e grossolanamente con un minipimer, come ho fatto io dovendo riempire i cannelloni (se lo usate per condire la pasta o le lasagne potete evitare di frullarlo). Aggiustate di sale e aromatizzare con timo, basilico e origano.
Quando il ragù si sarà raffreddato si possono riempire i cannelloni aiutandosi con un cucchiaino o con una sac-à-poche.
Per la besciamella fate scaldare l’olio in una pentola insieme all’erba cipollina tritata, fuori dal fuoco aggiungete la farina per formare una pastella. Rimettere sul fuoco e aggiungete a poco a poco il latte mescolando sempre per sciogliere gli eventuali grumi. Portate a bollore e spegnete il fuoco, aggiustate di sale ed eventualmente insaporite con un pochino di dado vegetale (il mio è al 100% naturale acquistato qui).
Procedete all’assemblaggio: versate un po’ di besciamella in una teglia fino a coprire il fondo, disponete i cannelloni e ricoprite nuovamente di besciamella. Spolverate di pan grattato e infornate a 200 gradi per circa mezz’ora. Lasciate riposare un po’ prima di servire.

Latte di soia homemade

Avendo a disposizione gli ottimi fagioli di soia dell’azienda agricola Cassani mi sono decisa finalmente ad autoprodurmi il latte in casa e devo dire che il risultato è stato stupefacente! Ho seguito a grandi linee il procedimento di Veganchef88 ed è stato facilissimo.
Da 100 g di fagioli si ricavano circa 800 ml di latte e 150 g di okara (la parte solida che rimane dentro il canovaccio dopo la filtratura e spremitura) che può essere usata per polpette e sughi.

Ingredienti:
100 g di fagioli di soia gialla
1 l d’acqua

Mettete a bagno i fagioli in acqua per almeno 24 ore, cambiando l’acqua due o tre volte. Poi scolateli, sciacquateli e frullateli a crema insieme a poca acqua calda (come nella foto a destra).
Portate a bollore un litro d’acqua in una pentola piuttosto alta e capiente e quando bolle versate la crema di soia e fatela bollire mescolando per 15 minuti (attenzione perchè si forma un sacco di schiuma che tende a trabordare dalla pentola!). Lasciate raffreddare e poi filtrate in un canovaccio pulito che avrete disposto su uno scolapasta a sua volta poggiato su un contenitore più grande (vedi foto a sinistra).
Strizzate bene il canovaccio per fare uscire tutto il latte e travasatelo in bottiglie di vetro. Si conserva bene in frigo per almeno 5 giorni.
La parte solida che rimane si chiama okara e può essere utilizzata per polpette, crocchette, sughi e ragù (vedi ad esempio questa ricetta).
Il latte di soia homemade è più buono di quello comprato, più denso e più saporito, ed è perfetto per cucinare (la besciamella e la maionese veg vengono benissimo!), ma anche per torte, biscotti, creme e budini dolci. Al naturale però trovo che il gusto sia un po’ troppo “fagioloso”, per cui se volete berlo a colazione aromatizzatelo con vaniglia, cacao, orzo, zucchero di canna integrale o altri dolcificanti a piacere.

Tartufini cocco e mandorle


Questa è una ricetta che ho tratto, con qualche piccola modifica, dal libro “Il Cucchiaio Verde – La bibbia della cucina vegetariana”. Sono dolcetti facilissimi e veloci, pronti subito, senza cottura e di notevole effetto. Lo zucchero viene sostituito dal più salutare malto o succo d’agave (nella ricetta originale ci sarebbe il miele) e le mandorle crude mantengono integro il loro prezioso apporto di proteine, grassi buoni, vitamine del complesso B, vitamina E, ferro, potassio e magnesio.

Ingredienti per una trentina di tartufini:
100 g di mandorle pelate
75 g di cocco grattugiato
malto, sciroppo di riso o succo d’agave q.b.
cacao in polvere o farina di carruba

IMG_5019In una scodella impastate le mandorle tritate finemente con il cocco e il malto, sciroppo o succo d’agave quanto basta a rendere l’impasto lavorabile per dar forma a delle biglie piccole e compatte (io ne avrò messo circa 8 o 9 cucchiaini). Assaggiate eventualmente per controllare che il grado di dolcezza sia di vostro gradimento. Rotolate le biglie nel cacao o nella farina di carrube. Se riuscite a non mangiarle subito lasciatele in frigorifero per qualche ora 🙂