Torta a doppio strato con pan di spagna al cacao, bagna all’arancia e panna di cocco

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Era da un po’ che avevo voglia di una torta con la “T” maiuscola e approfittare delle ultime buonissime arance tarocco siciliane… Visto che in casa siamo in due, però, evito di fare dolci troppo grandi perché so che poi non riesco a trattenermi e rischio di esagerare… allora preferisco fare le monoporzioni che, tra l’altro, trovo più eleganti della classica “tortona” formato famiglia ;-). In alternativa, comunque, al posto dei due coppapasta individuali potete utilizzarne uno più grande (meglio se rettangolare o quadrato) per ottenere una torta piccola da 4 porzioni circa.IMG_6754

Ingredienti per 2 tortine monoporzione (piuttosto abbondanti)
100 g farina 2 (semintegrale)
1 lattina di latte di cocco da 400 g (io uso la marca Aroy-D che trovo nei negozi etnici a Milano, unici ingredienti cocco al 60% e acqua)
30 g olio di mais
80 g zucchero di canna integrale di tipo Dulcita
10 g cacao amaro in polvere (+ q.b. per decorare)
6 g lievito naturale per dolci

2 arance tarocco medio/piccole mature e dolci
2 cucchiai abbondanti di sciroppo d’agave
vaniglia naturale in polvere

Mettete la lattina in frigo per alcuni giorni. Come per la ricetta del gelato al cocco, l’azione del freddo farà separare la parte più grassa dalla parte liquida e, senza capovolgere o agitare la lattina, quando la aprirete troverete la parte “pannosa” e densa in superficie e quella liquida e trasparente sul fondo (più la fate stare in frigo, anche una settimana o un mese, più densa e abbondante sarà la panna!). Raccogliete la prima pesandone circa 250 g in una ciotola, aggiungete lo sciroppo d’agave e circa mezzo cucchiaino da caffè di vaniglia (assaggiate per regolare il grado di dolcezza a piacere), mescolate bene e mette in frigo per alcune ore a rassodare ulteriormente. Se la volete più spumosa potete montarla con la planetaria o il frullino elettrico.
IMG_6749Per il pan di spagna mescolate 100 g di acqua di cocco (la parte liquida rimasta sul fondo della lattina) con l’olio di mais. A parte amalgamate la farina con lo zucchero, il lievito e la scorza di un’arancia grattugiata e versate sopra l’emulsione di acqua di cocco e olio mescolando con una frusta fino a formare un composto cremoso. Versatelo quindi su una teglia ricoperta di carta forno in modo che formi uno strato molto sottile (circa un cm) livellandolo il più possibile con una spatola.
Infornate a 180 gradi per 15/20 minuti circa, quindi sfornate e lasciate raffreddare completamente. A questo punto prendete due coppapasta e ritagliate dal pan di spagna 4 formine uguali (i ritagli di scarto avanzati saranno perfetti per la colazione o la merenda). Usando uno zester o rigalimoni ricavate dall’altra arancia delle striscioline sottili di scorza e conservatele in frigo, serviranno per la guarnizione finale. Spremete il succo delle due arance.
Ponete i due coppapasta su due piattini da dessert e sul fondo di entrambi posizionate un quadrato di pan di spagna bagnandolo con un bel po’ di succo d’arancia, quindi spalmate un generoso strato di panna di cocco e disponete sopra l’altro quadrato di pan di spagna, bagnandolo a sua volta con altro succo d’arancia. Riponete il tutto in frigo per qualche ora insieme alla panna di cocco rimasta che servirà per la rifinitura del dolce.
Trascorso il tempo previsto rimuovete i coppapasta e, servendovi di una piccola sac à poche ricoprite la superficie con la panna di cocco rimasta. Spolverizzate con un po’ di cacao e decorate con le striscioline di scorza d’arancia ricavate con lo zester precedentemente condite con poco sciroppo d’agave.

Polpettine di fagioli neri e miglio con maionese di tofu alla curcuma

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Si è svolta lo scorso week end la tredicesima edizione della fiera “Fà la cosa giusta” (vedi in proposito questo post) dove, quest’anno per la prima volta, c’era una vera e propria area vegan con tanto di spazio per presentazioni, conferenze e cooking show. Tra i vari eventi, tutti interessanti, organizzati dalla rivista Funny Vegan, ce n’è stato uno in particolare a cui ho avuto il piacere di partecipare insieme ad alcune amiche food blogger che stimo molto. In pratica una “staffetta” di cooking show di 6 blogger che si sono succeduti “a raffica” nell’arco di un’ ora e mezza circa. Coordinate dalla brava Sonia Giuliodori, direttrice della rivista, che ci ha presentato e introdotto, abbiamo proposto ciascuno la propria ricetta con relativi assaggi… il risultato è stato un bel successo di pubblico e un’esperienza più che positiva per noi, da ripetere sicuramente!
8Questa è la ricetta che ho presentato, realizzata con alcuni dei buoni prodotti della nuova linea biologica di Pam Panorama. Potete sfogliare qui il catalogo, suddiviso per categorie. Le polpette possono essere servite come secondo piatto o piatto unico, IMG_6706accompagnandole con una fresca insalata, oppure si possono realizzare degli sfiziosi finger food, come ho fatto io per gli assaggi che ho offerto al cooking show: basta tagliare una piadina in triangolini (ottima quella di kamut di Pam Panorama), scaldarli leggermente in padella, spalmarli con una generosa dose di maionese di tofu, adagiare sopra una polpettina tiepida e una fogliolina di insalata, tirare su la punta del triangolo e fermare con uno stecchino.

Ingredienti per una trentina di polpette:
200 g fagioli neri secchi (io ho usato quelli bio di Pam Panorama)
1 pezzettino di alga kombu
1 foglia di alloro
100 g miglio  (io ho usato quello bio di Pam Panorama)
100 g carota pesata già pulita
1 scalogno grande o due piccoli
40/50 g pomodori secchi sott’olio
farina di riso (opzionale, da usare solo se l’impasto dovesse essere troppo molle)
olio evo, sale alle erbe, salvia secca (o altre erbe aromatiche a piacere)
Per la maionese di tofu:
360 g tofu al naturale (io ho usato una confezione di quello bio di Pam Panorama)
2 cucchiai di olio evo (io ho usato quello bio di Pam Panorama)
2 cucchiai di tamari (salsa di soia saporita)
2 cucchiai di succo di limone
2 cucchiaini di senape delicata
1 cucchiaino di curcuma (anche di più se piace)

– Mettete a bagno i fagioli con l’alga kombu per circa 20/24 ore, cambiando l’acqua un paio di volte. Quindi scolateli, sciacquateli e cuoceteli per circa un’ora in acqua senza sale con lo stesso pezzetto di alga e la foglia di alloro. Quando sono cotti scolateli bene, rimuovete l’alloro e l’alga e lasciateli sgocciolare per almeno mezz’ora (devono essere molto asciutti), quindi frullateli con un minipimer a immersione in modo da ottenere una purea densa (potete prepararli anche il giorno prima conservandoli in frigo).
– Sciacquate bene il miglio sotto l’acqua corrente in un colino a maglie strette, quindi sgocciolatelo e fatelo tostare per circa un minuto in un pentolino con un cucchiaio d’olio. Poi versate 300 ml di brodo vegetale, coprite e lasciate sobbollire a fuoco molto lento senza mescolare. Dopo 20 minuti circa dovrebbe essere cotto e il brodo asciugato.
– Tritate lo scalogno e fatelo appassire in padella con un paio di cucchiai d’olio e un pizzico di sale, quindi unite la carota grattugiata, coprite e lasciate che si ammorbidisca per pochi minuti, poi aggiungete i pomodori secchi ben strizzati e tagliati a pezzettini piccoli. Fate insaporire ancora un minuto e spegnete il fuoco (il composto deve essere bello asciutto).
– Riunite insieme in una ciotola la purea di fagioli, il miglio cotto, le carote stufate con i pomodori secchi e le la salvia amalgamando bene. Assaggiate e regolate di sale (consiglio vivamente quello alle erbe). Provate a comporre una polpetta con le mani e se l’impasto dovesse essere troppo molle aggiungete eventualmente un po’ di farina di riso (dai 20 ai 50 g), ma considerate che deve restare morbido per evitare che si asciughi troppo in forno. Formate delle piccole polpette leggermente schiacciate (da 25 g circa l’una), eventualmente infarinandovi le mani tra l’una e l’altra. Disponetele su una teglia ricoperta di carta forno e unta d’olio. Spennellate le polpette d’olio anche sopra e infornatele a 200 gradi per 15 minuti circa rigirandole a metà cottura.
– Per la maionese: sbriciolate il tofu grossolanamente nel boccale del minipimer, unite gli altri ingredienti e frullate, aggiungendo un goccio d’acqua o latte di soia al naturale per ottenere una consistenza più morbida. Assaggiate ed eventualmente regolate di tamari, limone e curcuma in base ai gusti.
Servite le polpette con la maionese e una fresca insalata verde (buono il “Gran Mix” bio di Pam Panorama).

Tartellette integrali ai semi di lino con crema pasticcera di carote alla vaniglia e kiwi

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Come ho già scritto in post precedenti (vedi ad esempio questo) i corsi che sto frequentando alla Joia Academy, la scuola di cucina gourmet del ristorante vegetariano Joia di Milano, mi stanno dando tantissimi spunti e idee, oltre che preziosi insegnamenti tecnici.
Una delle ricette apprese durante la lezione sui dolci era una fantastica millefoglie integrale con crema pasticcera di carote. Sì avete letto bene, non “alle carote” ma proprio “di carote” ovvero gli unici ingredienti sono carote, scorza di limone, vaniglia, zucchero o altro dolcificante a piacere (io ho optato per lo sciroppo d’agave) e un goccino d’olio. Detto così magari può sembrare anche poco invitante ma credetemi, se non l’avete mai provata non potete capire quanto sia golosa! E incredibilmente simile per gusto, profumo e consistenza alla crema pasticcera tradizionale… anch’io, prima di assaggiarla non l’avrei mai creduto. Tra l’altro è leggerissima, l’avrei mangiata tutta a cucchiaiate!
Ho però cambiato la ricetta originale trasformando la millefoglie in tartellette di brisè croccanti e solo leggermente dolci, farcite con la sublime crema di carote e guarnite con spicchi di kiwi che fanno da contrasto dando un tocco di acidità.

Ingredienti per una decina di tartellette:
Per la brisé: 
130 g farina integrale
30 g semi di linoIMG_6728
40 g olio evo dal sapore delicato
70 g acqua
20 g zucchero di canna integrale di tipo Dulcita
1 pizzico di sale
Per la crema:
500 g carote pesate già pulite
2 cucchiai olio evo dal sapore delicato
1 bel pezzo di scorza di limone bio
1 cucchiaino da caffè di vaniglia naturale in polvere
50 g sciroppo d’agave
1 pizzico di sale
un paio di kiwi maturi ma sodi

Preparate la brisè mescolando insieme in una ciotola la farina, i semi, lo zucchero e il sale. Poi unite l’olio e iniziate ad impastare con le mani fino ad ottenere un composto “sbricioloso”. Versate quindi l’acqua a poco a poco fino ad ottenere una pasta morbida che avvolgerete nella pellicola e lascerete riposare per 20/30 minuti in frigo.
Nel frattempo grattugiate le carote e ponetele in una padella con i due cucchiai d’olio e il pizzico di sale (servirà a far uscire i liquidi), mescolate per circa un minuto a fuoco vivace, poi abbassate il fuoco al minimo, coprite con coperchio e lasciate stufare piano piano controllando ogni tanto che non si asciughi troppo ed aggiungendo poco per volta un goccio d’acqua (ma proprio un goccio alla volta, le carote non devono bollire ma stufare lentamente, solo così diventeranno dolci al punto giusto). Dopo circa 20 minuti aggiungete la scorza di limone intera e la vaniglia, coprite nuovamente e lasciate cuocere ancora per una decina di minuti, alla fine dovrete ottenere un composto asciutto. Togliete la scorza di limone e mettetelo nel bicchiere del minipimer a immersione insieme allo sciroppo d’agave frullando bene in modo da ottenere una crema morbida e liscia. Assaggiate e se vi sembra che l’aroma di limone non si senta abbastanza prelevate un pezzetto dalla scorza cotta insieme alle carote e frullatelo insieme alla crema.
Ponete la brisè su un foglio di carta forno e stendetela molto sottile (pochi millimetri). Con un coppapasta rotondo ricavate dei dischi che andrete a posizionare su dei pirottini per muffin rovesciati a testa in giù e unti leggermente d’olio con un pennello da cucina (il procedimento è lo stesso dei cestini che trovate in questa ricetta solo che in questo caso le tartellette avranno i bordi piuttosto bassi). Fate aderire bene il disco di brisè sui pirottini modellandolo con le mani, quindi bucherellatelo con una forchettina e disponete i pirottini a testa in giù su una teglia da forno infornandoli a 180 gradi per 15 minuti circa. Quando saranno cotti e leggermente bruniti sfornateli, lasciateli intiepidire e staccate con delicatezza le tartellette dai pirottini. Lasciatele raffreddare completamente, poi, poco prima di servire, farcitele con la crema di carote e guarnite con spicchi di kiwi (eventualmente sostituibili con altra frutta leggermente acida come fragole o frutti di bosco).
PS: consiglio di farcire i pirottini non troppo tempo prima di consumarli per evitare che la crema inumidisca troppo la base di brisè togliendole croccantezza.

Identità golose Milano 2016

Si è da poco conclusa la dodicesima edizione di Identità Golose Milano, congresso internazionale di cucina d’autore (vedi il post dell’anno scorso in proposito). Quest’anno il tema era La forza della libertà, interpretato in vario modo dagli chef che si sono succeduti sui palchi dei cooking show. Simone Salvini e Daniela Cicioni, ormai degli “habitué” della manifestazione, hanno presentato i loro “esperimenti” vegani.
salviniSimone Salvini ha mostrato che l’acqua di cottura dei legumi monta a neve esattamente come l’albume d’uovo, rivelandosi perfetta per sostituirlo in tutti gli usi, comprese le meringhe. Di fatto questo è un tema che nel mondo vegan circola già da qualche tempo (provate a cercare su Google “acquafaba” e ne scoprirete delle belle 😉 ), ma credo sia la prima volta che una tale “novità” viene presentata ufficialmente ad una manifestazione di alto livello, per lo meno in Italia. Lo chef Simone ha quindi preparato un piatto dolce a base di perle e cialde di tapioca (tubero tipico africano) con crema di latte di cocco e meringhe.cicioni
L’intervento di Daniela Cicioni ha avuto invece come tema la fermentazione, di cui ultimamente si parla parecchio, soprattutto nell’ambito della cucina crudista, ma che di fatto è un antichissimo metodo di conservazione dei cibi (pensiamo ad esempio ai crauti). Daniela ha spiegato che i legumi cotti, opportunamente insaporiti e fermentati per 3 giorni, non solo si arricchiscono di preziosi batteri buoni e utili per la salute dell’intestino, ma diventano anche più interessanti dal punto di vista del gusto (leggermente e piacevolmente aciduli). Recuperando un’antica tradizione libanese, è inoltre possibile fermentare anche il bulgur (alimento tipico mediorientale a base di grano ammollato, cotto, fermentinispezzettato e poi essiccato che è la base del famoso “tabulè”). Con una fermentazione stavolta più lunga, si ottiene una pasta (modellabile a piacere) il cui gusto e aroma ricordano quelli di un formaggio stagionato. Sempre a proposito di fermentazione ho avuto il piacere di seguire Daniela anche nella lezione che ha tenuto sui fermentini, ovvero formaggi vegani a base di frutta secca, freschi e stagionati. La novità è che non c’è bisogno di nessun tipo di “starter” in quanto ad una temperatura ambiente compresa fra i 15 e i 28 gradi circa, il processo di fermentazione si avvia e continua spontaneamente.lasagne
Uno degli ospiti stranieri più attesi di quest’anno era Matthew Kenney, pioniere e guru della cucina vegana e crudista negli Stati Uniti. Rinomato chef, autore di best seller, proprietario di diversi ristoranti e scuole di cucina (la prima delle quali fondata nel 2009) che accolgono studenti da ogni parte del mondo. Matthew ha presentato due “classiconi” del crudismo: le lasagne di zucchine (piatto inventato proprio da lui circa 12 anni fa) e i tartufini (truffles) al cacao crudo e frutta secca. Ho trovato interessante che in America più che il termine “vegano” si usi soprattutto l’espressione “plant-based“, che in italiano sarebbe “a base vegetale”. Ecco io sarei per adottare anche in Italia quest’abitudine, in quanto trovo che la parola “vegetale” sia più specifica e di più immediata comprensione…
Vorrei raccontarvi infine dei cooking show a cui ho assistito che avevano per tema la pasta, i quali, seppur solo vegetariani e non vegani, sono stati a mio avviso molto interessanti e ricchi di spunti. MI riferisco agli chef Cristina Bowerman e Peppe Guida… ma conto di parlarne in altri post. Vorrei infatti cimentarmi anch’io, nel mio piccolo, in alcuni semplici “esperimenti” ispirandomi a quello che ho visto, per cui ci saranno altre occasioni 😉 Stay tuned!

 

Risotto mantecato al sedano rapa con champignon, broccoletti e profumo di limone

IMG_6692Come ho già accennato in questo post, già da tempo sto frequentando i corsi della Joia Academy, ovvero “The Gourmet Vegetarian School” del ristorante Joia di Milano (unico ristorante vegetariano stellato d’Europa, del famoso chef Pietro Leemann). Che dire… 12227179_10207442058185170_5890481962643234465_nun’esperienza fantastica, appagante, istruttiva ed entusiasmante :-). La consiglierei a chi ha la passione per la cucina d’autore, mai banale o “casereccia”, ma ricca di colori e contrasti di gusti e consistenze, insomma quando un piatto non è solo buon cibo ma una piccola opera d’arte, un’esperienza multisensoriale a tutti gli effetti. Gli chef che tengono i corsi sono solitamente gli stessi che lavorano al ristorante, con la direzione didattica del bravo Sauro Ricci, e, oltre che tecnicamente preparati, sono anche molto disponibili e alla mano, insomma dei grandi :-). 12744540_10208042322671407_3330664080691439466_nRealizzare le ricette del Joia tali e quali a casa non è sempre facile, occorre un minimo di abilità tecnica di base e, soprattutto, un po’ di tempo a disposizione. Un piatto si compone in genere di tanti elementi diversi, ognuno con una propria cottura e una lavorazione che a volte prevede diversi passaggi, tempi di riposo ecc. Io ci sto provando, spesso semplificando o personalizzando, ma cercando di conservare sempre l’essenza di ciò che ho imparato. Questo risotto prende sputo da un primo piatto che si chiama L’ombelico del mondo di ispirazione un po’ orientale. Io in questo caso l’ho “occidentalizzato” oltre che semplificato, ma il risultato a mio parere è ugualmente notevole. La mantecatura con purea di sedano rapa e il contrasto dato dal limone e lo sciroppo d’agave danno il tocco di originalità (nella ricetta del Joia c’è anche lo zenzero fresco che però io non amo molto, se vi piace potete aggiungerlo ma attenzione a non esagerare perché rischia di coprire gli altri gusti e diventare dominante), mentre il verde del broccoletto aggiunge colore. Al posto del Carnaroli bianco ho usato un riso integrale Balilla (ma va bene pure l’Originario) i cui chicchi tondi e ricchi di amidi, a mio avviso, hanno una buona resa per i risotti (sulla confezione troverete scritto: “per minestre e timballi”, ma fidatevi, è perfetto anche per i risotti!).

Ingredienti per 3 porzioni medie:
240 g riso integrale Balilla o Originario (a chicco tondo)
1 litro di brodo vegetale dal sapore delicato
1 goccio di vino bianco (facoltativo)
100 g sedano rapa pesato già sbucciato
120 g funghi champignon pesati puliti 
1 piccolo  broccoletto

1/2 limone
1 cucchiaino di sciroppo d’agave
1 mazzettino di timo fresco
olio evo, sale

Sciacquate il riso in un colino sotto l’acqua corrente, scolatelo molto bene e fatelo tostare in una pentola per pochi minuti con un paio di cucchiai d’olio e un pizzico di sale. Sfumate, se volete, con un goccio di vino bianco (non è indispensabile, io ad esempio non l’ho fatto), quindi aggiungete due o tre mestoli del brodo bollente, coprite e lasciate sobbollire a fuoco basso. Di tanto in tanto controllate e quando il brodo si è asciugato aggiungetene altro. Non c’è bisogno di versare il brodo poco per volta e di mescolare continuamente, si può versare anche in 2 o 3 volte e lasciar cuocere il riso con coperchio.
Nel frattempo dedicatevi al condimento: tagliate il sedano rapa a dadini e bollitelo in acqua salata per circa 10 minuti, quindi scolatelo e frullatelo con un cucchiaio d’olio e uno o due cucchiai dell’acqua di cottura tenendo da parte la purea ottenuta che servirà per la mantecatura finale. Lavate e affettate i funghi mettendo da parte qualche fettina che vi servirà per la decorazione finale. Tagliate il resto a dadini piccoli e saltateli in padella per qualche minuto con un cucchiaio d’olio, le foglioline di timo e un pizzico di sale, poi toglieteli dalla padella, aggiungete un goccio d’olio se occorre e cuocete le fettine che avete tenuto da parte, arrostendole da entrambi i lati fin quando diventeranno un po’ croccantine. IMG_6688Ricavate dal broccoletto 60 g di “rapatura” ovvero con un coltellino affilato tagliate via solo la parte superiore più verde, come se doveste solo “tagliare i capelli” al broccolo ;-). Quando mancano pochi minuti al termine di cottura del riso (il bello del riso integrale è che non scuoce facilmente per cui potete prendervela comoda 😉 ) aggiungete prima il broccolo crudo, poi, dopo un minuto, i funghi a dadini, aggiustando eventualmente con poco altro brodo se fosse troppo asciutto. Quando è pronto spegnete il fuoco e mantecate con la purea di sedano rapa aggiungendo anche la scorza del mezzo limone grattugiata, un cucchiaio scarso di succo e lo sciroppo. Assaggiate ed eventualmente aggiustate di sale, quindi impiattate decorando con le fettine di funghi arrostiti.